L’Architettura Paleocristiana. Il Battistero Lateranense

Una delle realizzazioni della architettura Paleocristiana è senza dubbio il Batrtistero Lateranense, un luogo di culto situato al centro di Roma in prossimità della Basilica di san Giovanni in Laterano.

Realizzata nel IV secolo d.C. sicuramente, secondo gli studiosi, dallo stesso Costantino, presentava una forma di tipo quadrato, poi successivamente, fu costruita in pianta ottagonale come si presenta tuttora.

Questa costruzione pare sia stata edificata sopra un edificio romano preesistente, sicuramente la Domus Faustae, o forse un impianto termale, ma non si hanno notizie in merito.

L’edificio rappresenta il tipico esempio dell’architettura paleocristiana a pianta centrale, come il Mausoleo di Santa Costanza oppure alla Rotonda del Santo Sepolcro a Gerusalemme, ma la particolarità sta che è destinato solamente alla celebrazioni del battesimo e fece da modello a costruzioni successive.

la costruzione dell’epoca di Costantino era costituita da un vano ottagonale di 20 metri e occupato da una grande vasca alimentata dall’acqua che fuoriusciva da sculture d’argento, per consentire il rito ebraico della immersione.

Sotto papa Ilario vennero realizzate alcune cappelle dedicate a San Giovanni Battista, alla Santa Croce e a San Giovanni Evangelista, e nel VII secolo fu aggiunta una cappella dedicata a San Venanzio abbellita con meravigliosi mosaici.

Fu abbandonato durante l’esilio avignonese, ma successivamente con il rientro del papa  Roma, l’edificio fu recuperato e ristrutturato in maniera decisiva e importante, realizzando inoltre una porta di ingresso sulla nuova Piazza di san Giovanni, e inoltre, fu rinnovato l’interno con nuove decorazioni.

 

 

Germano Di Felice

 

Porta San Sebastiano..La Porta Appia

porta_san_sebastiano_1porta_san_sebastiano_4.jpgNelle Mura Aureliane in Roma, si apre una delle tante porte che costituivano un accesso obbligato alla capitale. Una di queste è Porta San Sebastiano, denominata anche Porta Appia, perchè da lì passava la Regina Viarum, la prima strada consolare romana.

Nel Medioevo sembra che venisse chiamata con il nomignolo di “accia”, perchè pare che in quel periodo il fiume almone, che scorre nei pressi, venisse chiamato “Acqua Accia”.

Ma, nel 1534, una bolla attestava l’attribuzione del nome che conserva ancora oggi, per la vicinanza delle catacombe e della basilica dedicata al martire Sebastiano, ufficiale dell’esercito romano, ucciso nei pressi.

La struttura, di età aureliana, prevedeva due fornici di apertura,sormontati da finestre arcuate e vennero aggiunte due torri cilindriche. Tutto è coperto da lastre di travertino, ma con Onorio, venne restaurato gran parte del luogo, con l’ampliamento delle torri che furono rialzate e collegate con due mura parallele in modo da formare un largo cortile, in cui l’arco fungesse da seconda porta.

Con il rifacimento Onoriano, la porta assunse un aspetto più semplificato, con una sola apertura per il passaggio, e le mura vennero dotate di un camminamento di ronda, scoperto e merlato.

La chiusura della porta era realizzata a saracinesca discendente attraverso due corridoi scanalati nel travertino, ancora visibili, soprattutto dalla camera di manovra, in cui esistono ancora le mensole di travertino che le sostenevano.

La Via Appia era una strada molto trafficata in antichità, e nelle vicinanze della porta venne realizzato un ampia area di sosta e smistamento di mezzi e mercanzie che provernivano dal sud d’Italia. Era stata, inoltre costituita una area per il parcheggio dei veicoli privati (destinato solo a chi poteva permetterselo) che da qui entravano in Roma.

Pare che ne fossero esentati anche i membri della famiglia imperiale,tant’è vero che i loro mezzi venissero parcheggiati in una area a loro riservata che si chiamava “mutatorium caeseris”, situata poco distante dalla porta.

Notevolmente interessanti sono le bozze incise nel travertino, situate alla base del monumento. Lo storico italiano Antonio Nibby, identificò sul lato interno della porta una iscrizione costituita da una croce greca, dedicata a San Conone e San Giorgio, che risale al VI oppure al VII secolo, ma non abbiamo avuto, al giorno d’oggi, prove concrete in merito.

E visibile, sul lato destro della porta una figura che risale al 1327 che raffigura l’Arcangelo Michele mentre uccide un drago, a fianco di una iscrizione a caratteri gotici in uso allora.

Nel Rinascimento,in occasione dell’entrata in Roma dell’imperatore Carlo V, il progettista militare Antonio del Sangalòlo il Giovane, trasformò la Porta in un gioiello architettonico, predisponendo anche all’abbattimento di alcuni edifici presistenti, realizzando così una via trionfale che arrivava verso il Foro Romano.

Nel secolo scorso, e più precisamente negli anni della Seconda Guerra Mondiale,la struttura venne occupata e utilizzata da Ettore Muti, segretario del PNF, come sede della segreteria, in effetti, risalgono a quell’epoca alcuni mosaici bicromatici affissi alle pareti.

Attualmente è visitabile al pubblico attraverso l’accesso al Museo delle Mura, dove si può ammirare la struttura nella sua integrità.

 

 

                                                                               Germano Di Felice

Riscoprendo Roma

 

Porta Furba..il gioiello di Sisto V

Sulla Via Tuscolana, procedendo verso il centro di Roma vi è un punto all’altezza del quartiere Quadraro dove due acquedotti, il Claudio e il Felice si incrociano, e da questa intersecazione, papa Sisto V dispose la realizzazione di un arco monumentale oggi in perfetto stato di conservazione.

Questa opera monumentale fu intrapresa da questo pontefice in relazione alla costruzione dell’acquedotto , che prende il suo nome, per ovviare alla scarsità di acqua che affliggeva la capitale in quel periodo.

La costruzione di Porta Furba si ricollega stilisticamente alla scuola degli antichi architetti della Roma antica, dove si creavano grandi archi alle intersecazioni, laddove c’era il passaggio delle grandi strade consolari.

Il nome di “Furba”, si parla dell’origine di questo nome, è tuttora incerta; si pensa alla presenza di ladri e malavitosi che dimoravano un tempo quei luoghi, in effetti la parola latina “fur”significa appunto ladro; oppure il nome derivi forse dalla parola “forma”che nel Medioevo fu usata per dare il nome agli stessi acquedotti.

Lo stile di questa porta rispecchia, come dicevamo sopra, l’arte degli antichi architetti romani, tant’è che la costruzione è rivestita con blocchi di tufo e travertino e presenta delle iscrizioni scolpite sul travertino.

Nei pressi di questa porta papa Clemente XII fece costruire una bellissima fontana con mascherone, che iniziata da Sisto V come completamento all’opera dell’acquedotto Felice, fu completata ed ampliata forse da Luigi Vanvitelli, anche perchè fu lasciata in pessime condizioni.

Questa fontana, è realizzata in travertino ed è inserita in una parete fatta di lastre in marmo, e l’acqua fuoriesce da un mascherone alato e si versa in una conchiglia di marmo che a sua volta si riversa in una vasca dello stesso materiale.

Sopra la fontana, al centro è stato inserito lo stemma papale e al di sotto vi è una iscrizione in latino che documenta il restauro della fontana e dello stesso acquedotto.

 

Germano Di Felice

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